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dal Brasile: scandalo infinito

Scandalo infinito in Brasile. Temer accusato di corruzione. Ma il Parlamento gli fa scudo
di Emiliano Guanella

La Stampa 16 giugno 2017

Messo alle corde dalla magistratura, che lo accusa di corruzione durante il suo mandato, il presidente brasiliano Michel Temer cerca fra gli alleati politici la sua salvezza e parte al contrattacco contro i giudici. Le prove contro di lui sono sostanziali, gli inquirenti lo hanno registrato mentre concordava con un grande imprenditore del settore alimentare le tangenti per comprare il silenzio dell’ex presidente della Camera dei deputati Eduardo Cunha, oggi in carcere, ma per processarlo occorre il parere favorevole dei due terzi del Parlamento e questa volta, a differenza dell’impeachment di un anno fa A Dilma Rousseff, i numeri sono a favore dell’accusato.

Decine di deputati e senatori sono anch’essi indagati; se la maggioranza che appoggia l’esecutivo di Temer traballa sulle questioni politiche di tutti i giorni, si sente l’esigenza di fare difesa comune contro i giudici. Poco importa se la popolarità del presidente è ai minimi storici.Secondo Datafolha solo il 7% dei brasiliani approva il suo governo, mentre il 69% vorrebbe le sue dimissioni e la convocazione di elezioni generali, possibilità comunque non permessa dalla Costituzione.Temer è già partito al contrattacco nel più classico dei modi, accusando cioè il Procuratore generale Rodrigo Janot di perseguirlo per fini politici.

Nel frattempo, le inchieste del pool anti corruzione di Curitiba continuano; lunedì è stato condannato a 12 anni di carcere l’ex ministro d’economia Antonio Palocci, che avrebbe fatto da tesoriere per la cassa occulta del Partito dei Lavoratori. Anche l’ex presidente Lula da Silva è sotto scacco; si attende proprio in questi giorni la condanna in primo grado da parte del giudice Sergio Moro per l’appartamento che una grande impresa di costruzioni gli avrebbe regalato a cambio di favori e contratti statali. Ma anche Lula, come Temer, ha un asso nella manica. Vuole candidarsi per le presidenziali del prossimo anno e gli ultimi sondaggi lo danno oggi al 30%. La legge brasiliana blocca solo chi ha ricevuto una condanna in secondo grado; se i tempi del processo d’appello saranno lunghi, e quasi sempre lo sono, Lula sarà abilitato a scendere in campo e quel punto sarebbe protetto dalla legge elettorale.

L’opinione pubblica, che era scesa in piazza per protestare contro la corruzione e per la testa di Dilma Rousseff, oggi è allibita. Sono caduti molti comprimari ma i «pesci grossi» si stanno salvando; si ha l’impressione che il lavoro fatto in tre anni di «Mani Pulite» possa andare in fumo. Ha fatto clamore il caso dell’ex leader dell’opposizione a Dilma Aecio Neves: è stato intercettato dagli inquirenti mentre chiedeva tangenti, ha mandato suo cugino a ritirare i soldi in contanti, ma secondo la commissione di vigilanza del Senato il suo mandato non dev’essere cassato perché è stato vittima di un’imboscata degli inquirenti.

Persino l’ex presidente Fernando Cardoso si è detto indignato dell’attuale stato delle cose e ha chiesto le elezioni anticipate. Ma per andare a votare i brasiliani dovranno aspettare più di un anno, mentre continua la telenovela degli scandali infiniti.